BREAST CANCER
Cristina Malcisi
A cura di Laura Frasca
OPENING 7/2/2025
ore 18.00
8 e 9 febbraio 10.30 - 13.00 16.30 - 19.00
dal 10 al 22 febbraio la mostra è visitabile su prenotazione
320.4144401
GREENWHALESPACE
via Manin 9c Bologna
Cristina Malcisi
A cura di Laura Frasca
OPENING 7/2/2025
ore 18.00
8 e 9 febbraio 10.30 - 13.00 16.30 - 19.00
dal 10 al 22 febbraio la mostra è visitabile su prenotazione
320.4144401
GREENWHALESPACE
via Manin 9c Bologna
BREAST CANCER
Cristina Malcisi
Descrivere a parole il percorso dalla diagnosi di tumore al seno fino all’intervento e alla chemioterapia non è facile per me.
Perciò, affido alla fotografia il compito di raccontare.
Un respiro dopo l'altro.
Mi spaventa questa cosa che ho prodotto io, ma che non vedo.
In quale parte del corpo si sente di più la paura?
Ma quanto si cambia, e quanti pensieri intrusivi si soffermano su qualcosa che vorrei dimenticare.
Il dualismo tra mente e corpo.
Prendersi cura.
Prendermi cura del corpo e riparare la mente.
A volte sono anche felice.
Ho bisogno di essere il punto di riferimento di me stessa.
Al di là del tempo e dello spazio,
io esisto.
...a coloro che mi accompagnano
Cristina Malcisi
Descrivere a parole il percorso dalla diagnosi di tumore al seno fino all’intervento e alla chemioterapia non è facile per me.
Perciò, affido alla fotografia il compito di raccontare.
Un respiro dopo l'altro.
Mi spaventa questa cosa che ho prodotto io, ma che non vedo.
In quale parte del corpo si sente di più la paura?
Ma quanto si cambia, e quanti pensieri intrusivi si soffermano su qualcosa che vorrei dimenticare.
Il dualismo tra mente e corpo.
Prendersi cura.
Prendermi cura del corpo e riparare la mente.
A volte sono anche felice.
Ho bisogno di essere il punto di riferimento di me stessa.
Al di là del tempo e dello spazio,
io esisto.
...a coloro che mi accompagnano
SGUARDO NUDO: VIAGGIO VISIVO DI AUTOCONSAPEVOLEZZA
Un atto di rinascita attraverso l’Obiettivo
Laura Frasca
È con profonda ammirazione che presento il primo libro autobiografico di Cristina Malcisi, un’opera che narra un intenso viaggio personale e artistico. Ho avuto il privilegio di conoscere l’autrice quasi dieci anni fa e, nel tempo, ho assistito alla sua straordinaria trasformazione che l’ha portata a tradurre un’esperienza di sofferenza legata al cancro, in una potente espressione artistica capace di incarnare resilienza e forza interiore. Le fotografie di quest’opera, in particolare gli autoritratti nudi, non sono solo un modo per documentare il proprio corpo, ma un’affermazione di vita. Ogni immagine racconta una storia di orgoglio e determinazione in cui il corpo diventa un soggetto centrale di introspezione e resistenza, capace, tuttavia, di esprimere una profonda vulnerabilità. Un aspetto fondamentale della sua evoluzione artistica è stato l'uso di Instagram, che ha permesso a Cristina di condividere il suo messaggio, creando una connessione profonda con il pubblico e che le ha consentito di esplorare temi quali la vulnerabilità e la sfida, confrontandosi con una comunità artistica globale. La scelta del bianco e nero amplifica l’intimità e l'autenticità del suo messaggio, affrontando in questo modo il dolore e l’identità con un linguaggio diretto e poetico che permette a chi osserva di cogliere l'essenza della sua esperienza. L’autrice, non si considera una fotografa tecnica, è un’artista istintiva, le cui emozioni emergono nell’atto stesso della creazione ed è proprio nel suo approccio spontaneo che si rintracciano l’intimità e l’autenticità dei suoi scatti.
Alcune opere richiamano alla mente quelle di un'altra grande fotografa, Francesca Woodman, condividendone un profondo dialogo tematico ed emotivo, utilizzando la fotografia per esplorare esperienze personali e l'essenza dell'esistenza. Entrambe le fotografe impiegano l’autoritratto per indagare la propria identità: mentre la Woodman mette in evidenza la fragilità, l’autrice riflette sui cambiamenti e sulla dualità tra mente e corpo nella sua esperienza con il cancro. In entrambe le produzioni, il corpo diventa il fulcro della narrazione fotografica; una esplora un’identità lacerata, mentre l’altra affronta temi di conflitto e resilienza. In entrambi i lavori fotografici si indaga sulle trasformazioni che superano le convenzioni di tempo e spazio. Le immagini offrono uno sguardo autentico su esperienze vissute, comunicando emozioni che spesso sfuggono al linguaggio verbale. Invitano lo spettatore a riflettere sulla forza dell'essere umano e sull'arte come strumento di introspezione e guarigione.
Oltre a riflettere sull'identità e sulla vulnerabilità, le fotografie di questo progetto integrano elementi della quotidianità per riportarci a una realtà concreta: frutti guasti che simboleggiano il passare del tempo, piatti pieni di fiori che celebrano la bellezza, un orologio che segna momenti fugaci, pillole sparse che rappresentano la lotta contro la malattia, ciocche di capelli che cadono durante la chemio. Questi dettagli diventano testimonianze di vita e forza interiore, evocando l’essenza dell’esperienza umana in ogni sua sfumatura. Questa sensibilità nel descrivere la realtà ci riporta alla mente il lavoro di Sophie Calle, in particolare il suo progetto "The Hotel", in cui l'autrice assunse un lavoro come cameriera in un hotel a Venezia e documentò ciò che trovava nelle stanze, raccogliendo oggetti e storie di sconosciuti. Con una macchina fotografica e un registratore nascosti nel suo secchio per le pulizie, Calle esplorò l'intimità e la vulnerabilità degli ospiti attraverso oggetti quotidiani e dettagli apparentemente insignificanti. Ritrovò portafogli, trascrisse cartoline non inviate e fotografò i contenuti dei cestini della spazzatura. Ogni oggetto raccontava una storia, un frammento della vita di sconosciuti, riflettendo su ciò che è effimero e ordinario. Entrambe le artiste, pur operando in contesti diversi, utilizzano l'osservazione attenta della quotidianità per esplorare temi di vulnerabilità e identità. Mentre Calle raccoglie dettagli intimi e soggettivi, Cristina crea un linguaggio visivo che celebra la forza e la fragilità dell'esperienza umana. Entrambe, quindi, ci invitano a riflettere su come gli elementi quotidiani possano diventare potenti simboli della nostra esistenza e delle storie che raccontiamo.
Questa pubblicazione è figlia della profonda amicizia e dello scambio artistico che mi legano a Cristina. È un tributo al coraggio di una donna che, con consapevolezza, ha accettato non passivamente la sua condizione, ma è anche un omaggio alla resilienza di tutte le donne che affrontano le sfide della vita con tenacia, alimentando la luce che ci guida nell’oscurità.
Un progetto fotografico che esorta tutte noi a riconoscere la forza insita nella vulnerabilità e a celebrare il potere dell’arte come strumento di espressione autentica.
Un atto di rinascita attraverso l’Obiettivo
Laura Frasca
È con profonda ammirazione che presento il primo libro autobiografico di Cristina Malcisi, un’opera che narra un intenso viaggio personale e artistico. Ho avuto il privilegio di conoscere l’autrice quasi dieci anni fa e, nel tempo, ho assistito alla sua straordinaria trasformazione che l’ha portata a tradurre un’esperienza di sofferenza legata al cancro, in una potente espressione artistica capace di incarnare resilienza e forza interiore. Le fotografie di quest’opera, in particolare gli autoritratti nudi, non sono solo un modo per documentare il proprio corpo, ma un’affermazione di vita. Ogni immagine racconta una storia di orgoglio e determinazione in cui il corpo diventa un soggetto centrale di introspezione e resistenza, capace, tuttavia, di esprimere una profonda vulnerabilità. Un aspetto fondamentale della sua evoluzione artistica è stato l'uso di Instagram, che ha permesso a Cristina di condividere il suo messaggio, creando una connessione profonda con il pubblico e che le ha consentito di esplorare temi quali la vulnerabilità e la sfida, confrontandosi con una comunità artistica globale. La scelta del bianco e nero amplifica l’intimità e l'autenticità del suo messaggio, affrontando in questo modo il dolore e l’identità con un linguaggio diretto e poetico che permette a chi osserva di cogliere l'essenza della sua esperienza. L’autrice, non si considera una fotografa tecnica, è un’artista istintiva, le cui emozioni emergono nell’atto stesso della creazione ed è proprio nel suo approccio spontaneo che si rintracciano l’intimità e l’autenticità dei suoi scatti.
Alcune opere richiamano alla mente quelle di un'altra grande fotografa, Francesca Woodman, condividendone un profondo dialogo tematico ed emotivo, utilizzando la fotografia per esplorare esperienze personali e l'essenza dell'esistenza. Entrambe le fotografe impiegano l’autoritratto per indagare la propria identità: mentre la Woodman mette in evidenza la fragilità, l’autrice riflette sui cambiamenti e sulla dualità tra mente e corpo nella sua esperienza con il cancro. In entrambe le produzioni, il corpo diventa il fulcro della narrazione fotografica; una esplora un’identità lacerata, mentre l’altra affronta temi di conflitto e resilienza. In entrambi i lavori fotografici si indaga sulle trasformazioni che superano le convenzioni di tempo e spazio. Le immagini offrono uno sguardo autentico su esperienze vissute, comunicando emozioni che spesso sfuggono al linguaggio verbale. Invitano lo spettatore a riflettere sulla forza dell'essere umano e sull'arte come strumento di introspezione e guarigione.
Oltre a riflettere sull'identità e sulla vulnerabilità, le fotografie di questo progetto integrano elementi della quotidianità per riportarci a una realtà concreta: frutti guasti che simboleggiano il passare del tempo, piatti pieni di fiori che celebrano la bellezza, un orologio che segna momenti fugaci, pillole sparse che rappresentano la lotta contro la malattia, ciocche di capelli che cadono durante la chemio. Questi dettagli diventano testimonianze di vita e forza interiore, evocando l’essenza dell’esperienza umana in ogni sua sfumatura. Questa sensibilità nel descrivere la realtà ci riporta alla mente il lavoro di Sophie Calle, in particolare il suo progetto "The Hotel", in cui l'autrice assunse un lavoro come cameriera in un hotel a Venezia e documentò ciò che trovava nelle stanze, raccogliendo oggetti e storie di sconosciuti. Con una macchina fotografica e un registratore nascosti nel suo secchio per le pulizie, Calle esplorò l'intimità e la vulnerabilità degli ospiti attraverso oggetti quotidiani e dettagli apparentemente insignificanti. Ritrovò portafogli, trascrisse cartoline non inviate e fotografò i contenuti dei cestini della spazzatura. Ogni oggetto raccontava una storia, un frammento della vita di sconosciuti, riflettendo su ciò che è effimero e ordinario. Entrambe le artiste, pur operando in contesti diversi, utilizzano l'osservazione attenta della quotidianità per esplorare temi di vulnerabilità e identità. Mentre Calle raccoglie dettagli intimi e soggettivi, Cristina crea un linguaggio visivo che celebra la forza e la fragilità dell'esperienza umana. Entrambe, quindi, ci invitano a riflettere su come gli elementi quotidiani possano diventare potenti simboli della nostra esistenza e delle storie che raccontiamo.
Questa pubblicazione è figlia della profonda amicizia e dello scambio artistico che mi legano a Cristina. È un tributo al coraggio di una donna che, con consapevolezza, ha accettato non passivamente la sua condizione, ma è anche un omaggio alla resilienza di tutte le donne che affrontano le sfide della vita con tenacia, alimentando la luce che ci guida nell’oscurità.
Un progetto fotografico che esorta tutte noi a riconoscere la forza insita nella vulnerabilità e a celebrare il potere dell’arte come strumento di espressione autentica.
CRISTINA MALCISI
Sono nata a settembre. E ho imparato la pazienza.
Mi chiamo Cristina Malcisi, e sono una fotografa che costruisce storie tramite gli autoritratti. Questa forma di fotografia è iniziata durante il Covid, e continua tuttora. Ho adoperato Instagram per condividere le mie storie fotografiche, confrontandomi con la censura e le idiosincrasie delle linee guida della piattaforma. Le mie fotografie sono spesso ruvide, e non sono frutto di una progettazione.
Mi fotografo per ricordare e rivedere le emozioni che ho provato. A fotografia scattata, sento di aver depositato in un posto diverso dal mio corpo quello che ho sentito. E così avrò sempre un luogo di memoria a cui tornare.
Sono nata a settembre. E ho imparato la pazienza.
Mi chiamo Cristina Malcisi, e sono una fotografa che costruisce storie tramite gli autoritratti. Questa forma di fotografia è iniziata durante il Covid, e continua tuttora. Ho adoperato Instagram per condividere le mie storie fotografiche, confrontandomi con la censura e le idiosincrasie delle linee guida della piattaforma. Le mie fotografie sono spesso ruvide, e non sono frutto di una progettazione.
Mi fotografo per ricordare e rivedere le emozioni che ho provato. A fotografia scattata, sento di aver depositato in un posto diverso dal mio corpo quello che ho sentito. E così avrò sempre un luogo di memoria a cui tornare.