"Abbiamo scelto il Castello di Castel del Rio come sede per queste mostre fotografiche non solo per il suo fascino storico, ma anche per il suo profondo significato simbolico. Gli eventi che accadono in pianura sono spesso sotto gli occhi di tutti, ma le vicende silenziose della montagna, in particolare quelle dell'Appennino romagnolo, sfuggono all'attenzione della maggior parte delle persone. La recente devastazione causata dal maltempo ha messo in luce la fragilità degli ecosistemi locali, come i castagneti secolari di Castel del Rio, minacciati da frane e piogge torrenziali. In questo contesto, il castello diventa il luogo ideale per ospitare riflessioni profonde sui temi ambientali e sociali trattati nelle mostre."
Neglected Roots
di Laura Frasca
Neglected Roots di Laura Frasca è un potente racconto visivo sulla rapida scomparsa della foresta del Borneo, un fenomeno che minaccia le "radici" vitali del nostro pianeta. La mostra documenta le devastanti conseguenze della deforestazione, come l'estinzione di specie endemiche, tra cui i grandi primati come gli oranghi, e l'impatto negativo sull'intero ecosistema.
Oltre a denunciare la perdita di biodiversità, Neglected Roots si concentra sulla lotta e coinvolgimento dei Dayak, storici guardiani della foresta, contro le pressioni globali e le multinazionali che spingono verso la distruzione del loro ambiente. La mostra mira anche a sensibilizzare il pubblico sulla necessità di proteggere il Tanjung Puting National Park, un'area protetta fondata dalla primatologa Birutè Galdikas, che lavora per salvaguardare gli oranghi dall'estinzione. Laura Frasca invita i visitatori a riflettere sull'importanza di preservare le nostre radici naturali e a prendere coscienza delle gravi conseguenze della deforestazione.
(DIS)INTEGRARE PROSPETTIVE
Progetto di Tomás Cajueiro, PhD (@tomas.cajueiro)
(DIS)INTEGRARE PROSPETTIVE affronta le molteplici crisi del XXI secolo, concentrandosi sugli effetti devastanti del cambiamento climatico e sul colonialismo epistemologico che ha modellato e limitato la nostra comprensione del mondo. La mostra utilizza immagini dei collettivi fotografici Farpa (Brasile) e Fotomovimiento (Spagna) per stimolare una riflessione profonda non solo sulla crisi climatica, ma anche su chi produce la conoscenza e come essa viene trasmessa.
FARPA presenta il reportage *Messico: gruppi di autodifesa, 2021*, che documenta la resistenza dei gruppi di autodifesa messicani contro la devastazione dei loro territori. Questi gruppi, formati in risposta all'abbandono da parte dello stato e alla violenza dei cartelli della droga, difendono non solo le loro vite ma anche le loro terre e culture ancestrali, minacciate dall'insaziabile appetito del capitalismo moderno.
FOTOMOVIMIENTO esplora il tema dell'accoglienza dei migranti in Europa, concentrandosi su come coloro che provengono da ex colonie europee affrontano la crisi climatica e le sue conseguenze. Le immagini rivelano la vulnerabilità e la resilienza dei migranti, evidenziando come le logiche coloniali continuino a influenzare le politiche di accoglienza e marginalizzazione in Europa.
(DIS)INTEGRARE PROSPETTIVE invita i visitatori a espandere la loro comprensione della crisi climatica e delle strutture di potere che ne determinano gli effetti, proponendo un dibattito su un futuro più inclusivo e sostenibile, fondato sul riconoscimento e l'integrazione di saperi diversi, in particolare quelli delle comunità indigene e tradizionali.
Queste mostre, offrono una riflessione potente e urgente sulle sfide ambientali e sociali del nostro tempo. Invitiamo i visitatori a immergersi in queste narrazioni visive, a riflettere sul proprio ruolo nella protezione dell'ambiente e a considerare nuove prospettive per affrontare le crisi globali. Il castello, con il suo legame storico e naturale con il territorio, non è solo una cornice, ma un simbolo di resistenza e rinascita, ideale per accogliere questo dialogo essenziale.
Laura Frasca curatrice
di Laura Frasca
Neglected Roots di Laura Frasca è un potente racconto visivo sulla rapida scomparsa della foresta del Borneo, un fenomeno che minaccia le "radici" vitali del nostro pianeta. La mostra documenta le devastanti conseguenze della deforestazione, come l'estinzione di specie endemiche, tra cui i grandi primati come gli oranghi, e l'impatto negativo sull'intero ecosistema.
Oltre a denunciare la perdita di biodiversità, Neglected Roots si concentra sulla lotta e coinvolgimento dei Dayak, storici guardiani della foresta, contro le pressioni globali e le multinazionali che spingono verso la distruzione del loro ambiente. La mostra mira anche a sensibilizzare il pubblico sulla necessità di proteggere il Tanjung Puting National Park, un'area protetta fondata dalla primatologa Birutè Galdikas, che lavora per salvaguardare gli oranghi dall'estinzione. Laura Frasca invita i visitatori a riflettere sull'importanza di preservare le nostre radici naturali e a prendere coscienza delle gravi conseguenze della deforestazione.
(DIS)INTEGRARE PROSPETTIVE
Progetto di Tomás Cajueiro, PhD (@tomas.cajueiro)
(DIS)INTEGRARE PROSPETTIVE affronta le molteplici crisi del XXI secolo, concentrandosi sugli effetti devastanti del cambiamento climatico e sul colonialismo epistemologico che ha modellato e limitato la nostra comprensione del mondo. La mostra utilizza immagini dei collettivi fotografici Farpa (Brasile) e Fotomovimiento (Spagna) per stimolare una riflessione profonda non solo sulla crisi climatica, ma anche su chi produce la conoscenza e come essa viene trasmessa.
FARPA presenta il reportage *Messico: gruppi di autodifesa, 2021*, che documenta la resistenza dei gruppi di autodifesa messicani contro la devastazione dei loro territori. Questi gruppi, formati in risposta all'abbandono da parte dello stato e alla violenza dei cartelli della droga, difendono non solo le loro vite ma anche le loro terre e culture ancestrali, minacciate dall'insaziabile appetito del capitalismo moderno.
FOTOMOVIMIENTO esplora il tema dell'accoglienza dei migranti in Europa, concentrandosi su come coloro che provengono da ex colonie europee affrontano la crisi climatica e le sue conseguenze. Le immagini rivelano la vulnerabilità e la resilienza dei migranti, evidenziando come le logiche coloniali continuino a influenzare le politiche di accoglienza e marginalizzazione in Europa.
(DIS)INTEGRARE PROSPETTIVE invita i visitatori a espandere la loro comprensione della crisi climatica e delle strutture di potere che ne determinano gli effetti, proponendo un dibattito su un futuro più inclusivo e sostenibile, fondato sul riconoscimento e l'integrazione di saperi diversi, in particolare quelli delle comunità indigene e tradizionali.
Queste mostre, offrono una riflessione potente e urgente sulle sfide ambientali e sociali del nostro tempo. Invitiamo i visitatori a immergersi in queste narrazioni visive, a riflettere sul proprio ruolo nella protezione dell'ambiente e a considerare nuove prospettive per affrontare le crisi globali. Il castello, con il suo legame storico e naturale con il territorio, non è solo una cornice, ma un simbolo di resistenza e rinascita, ideale per accogliere questo dialogo essenziale.
Laura Frasca curatrice
(DIS)INTEGRARE PROSPETTIVE
Progetto e Testi di Tomás Cajueiro, PhD (@tomas.cajueiro)
Gli effetti dell’impatto del cambiamento climatico, anche se non completamente compresi, sono ormai una realtà nel XXI secolo. Siccità, alluvioni, carestie, genocidi, guerre e molto altro sono le conseguenze dell'errato utilizzo delle risorse naturali. Manifestazioni di una mentalità antropocentrica, dell'illusione occidentale che la ragione umana sia in grado di sottomettere la natura ai suoi bisogni, ora ci conducono ad un drammatico epilogo.
Come affrontare queste crisi? Dove trovare soluzioni sostenibili per mitigare i potenti effetti che colpiscono tutti, soprattutto coloro che storicamente non sono stati responsabili della massiccia produzione di materiali inquinanti? "(Dis)integrare prospettive" che utilizza immagini di due collettivi fotografici, Farpa (Brasile) e Fotomovimiento (Spagna), per stimolare una riflessione non solo sulla crisi climatica, ma soprattutto sul colonialismo epistemologico e sui suoi effetti limitanti sulla nostra comprensione di cosa sia il conoscimento e quali sono i soggetti che lo producono.
Immersi in un flusso di notizie che dipinge una situazione apparentemente insolubile, ciò che persiste è l'ansia e il dubbio sulle possibili strade da percorrere. Capitalismo verde? Nuove fonti energetiche? Consumo locale? Molte sono le carte messe in tavola. Tuttavia, fino a che punto un cambiamento superficiale nel sistema rappresenterebbe la soluzione per problemi creati dal sistema stesso?
Una crisi epocale, come quella climatica, potrebbe anche rivelarsi un'opportunità per mettere in luce gli ultimi effetti de colonialismo europeo: il colonialismo epistemologico e l’idea che soltanto la sapienza europea è capace di proporre le soluzione; che il modo europeo di produrre conoscenza sia l'unico valido, mentre il resto viene relegato a tradizioni e saperi popolari. In una crisi come quella climatica, le conoscenze indigene e "tradizionali" rappresentano una fonte inesauribile di soluzioni.
La mostra "(Dis)integrare prospettive" propone quindi un dibattito sulla necessità di espandere il nostro sguardo al di là della scienza climatica europea. Un dibattito su cos’è la conoscenza e chi sono i soggetti che la producono affinché possiamo pensare un nuovo futuro. Un futuro, come propone il grande Ailton Krenak, ancestrale.
FARPA
Sito: www.agenciafarpa.com
Instagram: @farpa
Fotografi: Erick Dau (@erickdau), Francisco Proner (@franciscoproner) e Thiago Dezan (@thiagodezan).
MESSICO: GRUPPI DI AUTODIFESA - 2021
Il reportage "Messico: gruppi di autodifesa" si concentra sui gruppi di autodifesa messicani, un fenomeno sociale in crescita che rappresenta una forma di resistenza contro la distruzione e la devastazione dei loro territori. Questa resistenza autoctona è una risposta a un modello di sviluppo imposto dallo stato e dai cartelli della droga, che minacciano di annientare i loro stili di vita e saperi ancestrali.
Nei contesti più poveri dell'America Latina, le scomparse, i massacri, il lavoro forzato e i furti causati dall'insicurezza monetaria e dal traffico di droga mettono in grave pericolo le popolazioni, costringendole a lasciare le loro case e abbandonare tutto ciò che possiedono. In risposta all'abbandono dello stato e nel disperato tentativo di rompere il ciclo di violenza, le comunità tradizionali si organizzano in forze di autodifesa antagoniste alle autorità governative e ai cartelli della droga. Fondandosi sulla legge consuetudinaria della costituzione messicana, che garantisce una certa forma di autodeterminazione per i popoli indigeni, i civili adottano metodi che evocano i conflitti latino-americani del secolo scorso per proteggere i loro territori e preservare la loro esistenza. In tal modo, salvaguardano anche i loro ambienti naturali, minacciati dall’insaziabile appetito del capitalismo moderno.
I membri della polizia comunitaria indigena lavorano giorno e notte, pattugliando i dintorni delle fattorie e i sentieri frequentemente utilizzati dai trafficanti. In alcune località, la maggior parte degli uomini partecipa a queste forze di polizia e i bambini vengono educati all'uso delle armi per l'autodifesa.
Il reportage evidenzia come la contesa per il controllo dei territori vulnerabili nei paesi latino-americani non sia solo una lotta per la sicurezza, ma anche una battaglia per la preservazione. La resistenza a questi attacchi non è sempre pacifica e spesso si traduce in autodifesa armata. Attualmente, si stima che ci siano almeno 50 gruppi di autodifesa in Messico, molti dei quali non ancora riconosciuti dal governo federale. Questi gruppi non solo difendono i loro territori dalla devastazione, ma fungono anche da custodi della loro cultura e identità, preservando così un'importante parte del patrimonio collettivo di fronte alla minaccia di distruzione.
Progetto e Testi di Tomás Cajueiro, PhD (@tomas.cajueiro)
Gli effetti dell’impatto del cambiamento climatico, anche se non completamente compresi, sono ormai una realtà nel XXI secolo. Siccità, alluvioni, carestie, genocidi, guerre e molto altro sono le conseguenze dell'errato utilizzo delle risorse naturali. Manifestazioni di una mentalità antropocentrica, dell'illusione occidentale che la ragione umana sia in grado di sottomettere la natura ai suoi bisogni, ora ci conducono ad un drammatico epilogo.
Come affrontare queste crisi? Dove trovare soluzioni sostenibili per mitigare i potenti effetti che colpiscono tutti, soprattutto coloro che storicamente non sono stati responsabili della massiccia produzione di materiali inquinanti? "(Dis)integrare prospettive" che utilizza immagini di due collettivi fotografici, Farpa (Brasile) e Fotomovimiento (Spagna), per stimolare una riflessione non solo sulla crisi climatica, ma soprattutto sul colonialismo epistemologico e sui suoi effetti limitanti sulla nostra comprensione di cosa sia il conoscimento e quali sono i soggetti che lo producono.
Immersi in un flusso di notizie che dipinge una situazione apparentemente insolubile, ciò che persiste è l'ansia e il dubbio sulle possibili strade da percorrere. Capitalismo verde? Nuove fonti energetiche? Consumo locale? Molte sono le carte messe in tavola. Tuttavia, fino a che punto un cambiamento superficiale nel sistema rappresenterebbe la soluzione per problemi creati dal sistema stesso?
Una crisi epocale, come quella climatica, potrebbe anche rivelarsi un'opportunità per mettere in luce gli ultimi effetti de colonialismo europeo: il colonialismo epistemologico e l’idea che soltanto la sapienza europea è capace di proporre le soluzione; che il modo europeo di produrre conoscenza sia l'unico valido, mentre il resto viene relegato a tradizioni e saperi popolari. In una crisi come quella climatica, le conoscenze indigene e "tradizionali" rappresentano una fonte inesauribile di soluzioni.
La mostra "(Dis)integrare prospettive" propone quindi un dibattito sulla necessità di espandere il nostro sguardo al di là della scienza climatica europea. Un dibattito su cos’è la conoscenza e chi sono i soggetti che la producono affinché possiamo pensare un nuovo futuro. Un futuro, come propone il grande Ailton Krenak, ancestrale.
FARPA
Sito: www.agenciafarpa.com
Instagram: @farpa
Fotografi: Erick Dau (@erickdau), Francisco Proner (@franciscoproner) e Thiago Dezan (@thiagodezan).
MESSICO: GRUPPI DI AUTODIFESA - 2021
Il reportage "Messico: gruppi di autodifesa" si concentra sui gruppi di autodifesa messicani, un fenomeno sociale in crescita che rappresenta una forma di resistenza contro la distruzione e la devastazione dei loro territori. Questa resistenza autoctona è una risposta a un modello di sviluppo imposto dallo stato e dai cartelli della droga, che minacciano di annientare i loro stili di vita e saperi ancestrali.
Nei contesti più poveri dell'America Latina, le scomparse, i massacri, il lavoro forzato e i furti causati dall'insicurezza monetaria e dal traffico di droga mettono in grave pericolo le popolazioni, costringendole a lasciare le loro case e abbandonare tutto ciò che possiedono. In risposta all'abbandono dello stato e nel disperato tentativo di rompere il ciclo di violenza, le comunità tradizionali si organizzano in forze di autodifesa antagoniste alle autorità governative e ai cartelli della droga. Fondandosi sulla legge consuetudinaria della costituzione messicana, che garantisce una certa forma di autodeterminazione per i popoli indigeni, i civili adottano metodi che evocano i conflitti latino-americani del secolo scorso per proteggere i loro territori e preservare la loro esistenza. In tal modo, salvaguardano anche i loro ambienti naturali, minacciati dall’insaziabile appetito del capitalismo moderno.
I membri della polizia comunitaria indigena lavorano giorno e notte, pattugliando i dintorni delle fattorie e i sentieri frequentemente utilizzati dai trafficanti. In alcune località, la maggior parte degli uomini partecipa a queste forze di polizia e i bambini vengono educati all'uso delle armi per l'autodifesa.
Il reportage evidenzia come la contesa per il controllo dei territori vulnerabili nei paesi latino-americani non sia solo una lotta per la sicurezza, ma anche una battaglia per la preservazione. La resistenza a questi attacchi non è sempre pacifica e spesso si traduce in autodifesa armata. Attualmente, si stima che ci siano almeno 50 gruppi di autodifesa in Messico, molti dei quali non ancora riconosciuti dal governo federale. Questi gruppi non solo difendono i loro territori dalla devastazione, ma fungono anche da custodi della loro cultura e identità, preservando così un'importante parte del patrimonio collettivo di fronte alla minaccia di distruzione.
FOTOMOVIMIENTO
Sito: www.fotomovimiento.org
Instagram: @fotomovimiento
Fotografi: Manu Gómez , Pedro Mata (@pedroconpulso), Xavi Ariza (@xaviarizafoto)
"Come accoglie l'Europa le persone migranti?" Che trattamento è riservato ai migranti provenienti da paesi la cui storia è indissolubilmente legata al colonialismo europeo. Questi paesi, le cui problematiche socioeconomiche sono dirette eredità di un processo violento spesso ignorato dalla storiografia ufficiale, si vedono ora confrontati con una crisi ulteriormente aggravata dai cambiamenti climatici. Questi cambiamenti, in gran parte causati dai consumi eccessivi e dalla produzione di beni destinati agli ex colonizzatori, hanno effetti devastanti sui territori dei colonizzati, che raramente beneficiano di tali beni.
Le immagini presentate dal collettivo Fotomovimiento offrono uno sguardo profondo sulle vite di chi, in cerca di sopravvivenza, affronta le frontiere fisiche e istituzionali dell'Europa. Dalle coste della Spagna ai campi e alle strade del continente, i migranti appena arrivati, molti dei quali provengono da luoghi come il Senegal, non solo lottano per sopravvivere al viaggio, ma devono anche confrontarsi con un sistema che li marginalizza ed esclude. Questo sistema, arricchitosi e sviluppatosi a spese delle ex colonie, continua a trarre beneficio dal lavoro e dalle risorse di questi territori, mentre i prodotti che ne derivano, come i metalli pesanti delle elettroniche e le merci di lusso, non giungono mai a chi le ha prodotte.
Gli accordi di pesca che hanno depredato le risorse naturali delle loro terre, con pesci ritrovati a Roma o Londra, sono solo un esempio di una lunga catena di ingiustizie che costringe queste persone a cercare rifugio in un continente che spesso li accoglie con indifferenza e oppressione. Le fotografie di Fotomovimiento catturano momenti di estrema vulnerabilità e resilienza, mettendo in luce un processo continuo di marginalizzazione che riflette la persistenza delle logiche coloniali. Le stesse nazioni che un tempo colonizzarono ora ergono muri per chi è stato storicamente oppresso. Le condizioni precarie, la mancanza di supporto istituzionale e le politiche di esclusione sono esposte attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica che cerca di umanizzare queste storie.
Il reportage sottolinea anche la resistenza e l’attivismo, in particolare in città come Barcellona, dove cittadini e attivisti si uniscono per sfidare le ingiustizie e lottare per i diritti umani delle popolazioni migranti. Le immagini testimoniano la lotta per la dignità e l'uguaglianza, documentando manifestazioni, atti e azioni che cercano di dare visibilità a questioni che molti preferiscono ignorare.
"(Dis)integrare prospettive" non è solo una mostra sugli effetti dei cambiamenti climatici; è un’esplorazione dell’impatto umano del collasso ecologico e delle strutture di potere che determinano chi ha il diritto di sopravvivere e prosperare. È un invito a riflettere su come le nostre scelte quotidiane abbiano conseguenze profonde in luoghi lontani e a considerare come i migranti, spesso giudicati con durezza, siano una conseguenza diretta delle scelte che facciamo sugli scaffali del supermercato.
Sito: www.fotomovimiento.org
Instagram: @fotomovimiento
Fotografi: Manu Gómez , Pedro Mata (@pedroconpulso), Xavi Ariza (@xaviarizafoto)
"Come accoglie l'Europa le persone migranti?" Che trattamento è riservato ai migranti provenienti da paesi la cui storia è indissolubilmente legata al colonialismo europeo. Questi paesi, le cui problematiche socioeconomiche sono dirette eredità di un processo violento spesso ignorato dalla storiografia ufficiale, si vedono ora confrontati con una crisi ulteriormente aggravata dai cambiamenti climatici. Questi cambiamenti, in gran parte causati dai consumi eccessivi e dalla produzione di beni destinati agli ex colonizzatori, hanno effetti devastanti sui territori dei colonizzati, che raramente beneficiano di tali beni.
Le immagini presentate dal collettivo Fotomovimiento offrono uno sguardo profondo sulle vite di chi, in cerca di sopravvivenza, affronta le frontiere fisiche e istituzionali dell'Europa. Dalle coste della Spagna ai campi e alle strade del continente, i migranti appena arrivati, molti dei quali provengono da luoghi come il Senegal, non solo lottano per sopravvivere al viaggio, ma devono anche confrontarsi con un sistema che li marginalizza ed esclude. Questo sistema, arricchitosi e sviluppatosi a spese delle ex colonie, continua a trarre beneficio dal lavoro e dalle risorse di questi territori, mentre i prodotti che ne derivano, come i metalli pesanti delle elettroniche e le merci di lusso, non giungono mai a chi le ha prodotte.
Gli accordi di pesca che hanno depredato le risorse naturali delle loro terre, con pesci ritrovati a Roma o Londra, sono solo un esempio di una lunga catena di ingiustizie che costringe queste persone a cercare rifugio in un continente che spesso li accoglie con indifferenza e oppressione. Le fotografie di Fotomovimiento catturano momenti di estrema vulnerabilità e resilienza, mettendo in luce un processo continuo di marginalizzazione che riflette la persistenza delle logiche coloniali. Le stesse nazioni che un tempo colonizzarono ora ergono muri per chi è stato storicamente oppresso. Le condizioni precarie, la mancanza di supporto istituzionale e le politiche di esclusione sono esposte attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica che cerca di umanizzare queste storie.
Il reportage sottolinea anche la resistenza e l’attivismo, in particolare in città come Barcellona, dove cittadini e attivisti si uniscono per sfidare le ingiustizie e lottare per i diritti umani delle popolazioni migranti. Le immagini testimoniano la lotta per la dignità e l'uguaglianza, documentando manifestazioni, atti e azioni che cercano di dare visibilità a questioni che molti preferiscono ignorare.
"(Dis)integrare prospettive" non è solo una mostra sugli effetti dei cambiamenti climatici; è un’esplorazione dell’impatto umano del collasso ecologico e delle strutture di potere che determinano chi ha il diritto di sopravvivere e prosperare. È un invito a riflettere su come le nostre scelte quotidiane abbiano conseguenze profonde in luoghi lontani e a considerare come i migranti, spesso giudicati con durezza, siano una conseguenza diretta delle scelte che facciamo sugli scaffali del supermercato.
Laura Frasca
Fotografa, art manager e insegnante.
Fonda nel 2021 insieme a Francesco Savelli Green Whale Space, uno spazio dedicato a corsi, mostre, presentazioni e tutto ciò che riguarda la fotografia e la natura. Ha avviato e diretto per diversi anni Paoletti School of Photography e la Galleria Paoletti. Ha insegnato fotografia in diversi licei ed istituti di Bologna. Espone in Italia ed Europa, al Parlamento Europeo a Bruxelles, alla Biennale di Arte e Fotografia Documentaristica a Berlino (Margaret Cameron Award), nella Casina delle Civette presso Villa Torlonia a Roma, al TEDxBologna, nella Cineteca di Bologna, nel Cortile d'onore di Palazzo d’Accursio, nella Casa delle Donne. Pubblicato il libro Neglected Roots sulla scomparsa della foresta del Borneo Indonesiano realizza altre mostre a Bologna nell’ambito del Festival IT.A.CÀ., in Piazza Aldrovandi e Giardino Parker Lennon per il festival Human Rights Nights con il quale collabora, a San Ginesio nel Loggiato di San Tommaso e Barnaba, nel Palazzo della Provincia di Trento (Radici Negate - Il Senso delle Foreste Borneo e Canada). Realizza e cura a Minerbio il Festival di Fotografia Fotonika.
www.laurafrasca.com
Fotografa, art manager e insegnante.
Fonda nel 2021 insieme a Francesco Savelli Green Whale Space, uno spazio dedicato a corsi, mostre, presentazioni e tutto ciò che riguarda la fotografia e la natura. Ha avviato e diretto per diversi anni Paoletti School of Photography e la Galleria Paoletti. Ha insegnato fotografia in diversi licei ed istituti di Bologna. Espone in Italia ed Europa, al Parlamento Europeo a Bruxelles, alla Biennale di Arte e Fotografia Documentaristica a Berlino (Margaret Cameron Award), nella Casina delle Civette presso Villa Torlonia a Roma, al TEDxBologna, nella Cineteca di Bologna, nel Cortile d'onore di Palazzo d’Accursio, nella Casa delle Donne. Pubblicato il libro Neglected Roots sulla scomparsa della foresta del Borneo Indonesiano realizza altre mostre a Bologna nell’ambito del Festival IT.A.CÀ., in Piazza Aldrovandi e Giardino Parker Lennon per il festival Human Rights Nights con il quale collabora, a San Ginesio nel Loggiato di San Tommaso e Barnaba, nel Palazzo della Provincia di Trento (Radici Negate - Il Senso delle Foreste Borneo e Canada). Realizza e cura a Minerbio il Festival di Fotografia Fotonika.
www.laurafrasca.com