Radici negate - Il senso delle foreste
di Laura Frasca Il senso delle foreste è un progetto di osservazione ravvicinata delle grandi aree verdi del nostro pianeta e della loro sopravvivenza in un equilibrio ormai precario. Due le tappe portate a termine fino ad ora: il Canada - Ontario e il Borneo Indonesiano - Kalimantan. Due i progetti realizzati: The Promised Land, in prima assoluta, e Neglected Roots. E uno sguardo: quello della giovane fotografa Laura Frasca che traccia un racconto per immagini e conduce nella riflessione di quello che, più o meno consapevolmente, si sta perdendo. |
Una testimonianza visiva sul senso che questi grandiosi polmoni verdi custodiscono per l’intera umanità, sul loro ruolo fondamentale nel migliorare l’impatto dei cambiamenti climatici innescati dalle attività dell’uomo.
Gli scatti fotografici colgono una parte dell’esistenza delle foreste, quella legata alla scomparsa di fauna e flora primordiali, di usanze, tradizioni e consuetudini dei popoli che da sempre hanno trovato dimora in quei luoghi. Lo zoom è rivolto sia al dettaglio sia al panorama nel gioco armonico di lontano e vicino, nel delicato cammino di comprensione di un mondo che sta sfuggendo letteralmente di mano. Bianco e nero si alternano ai colori per dare espressione visiva al progetto fotografico dell’autrice, perché “ciò che stiamo negando sono le nostre stesse radici, che ci danno sostentamento ed ossigeno”.
La mostra è accompagnata da una produzione editoriale di qualità di divulgazione scientifica per bambini, ragazzi e adulti sugli aspetti del cambiamento climatico del pianeta.
Gli scatti fotografici colgono una parte dell’esistenza delle foreste, quella legata alla scomparsa di fauna e flora primordiali, di usanze, tradizioni e consuetudini dei popoli che da sempre hanno trovato dimora in quei luoghi. Lo zoom è rivolto sia al dettaglio sia al panorama nel gioco armonico di lontano e vicino, nel delicato cammino di comprensione di un mondo che sta sfuggendo letteralmente di mano. Bianco e nero si alternano ai colori per dare espressione visiva al progetto fotografico dell’autrice, perché “ciò che stiamo negando sono le nostre stesse radici, che ci danno sostentamento ed ossigeno”.
La mostra è accompagnata da una produzione editoriale di qualità di divulgazione scientifica per bambini, ragazzi e adulti sugli aspetti del cambiamento climatico del pianeta.
The Promised Land
Laura Frasca
Ontario, Canada
«E’ da molti anni che inseguo il desiderio di realizzare un grande progetto dedicato alle foreste, correndo contro il tempo e la bramosia dell’uomo. Mi piacerebbe documentare ciò che resta dei “grandi polmoni verdi”, ma soprattutto vorrei che le mie foto servissero a infondere una vera presa di coscienza e alla sensibilizzazione dell’uomo in generale. Ci sono altri miei colleghi che lo hanno fatto e lo stanno ancora facendo ma non è mai abbastanza visto che fauna e flora continuano a sparire in rapida ed inesorabile successione.
Il mezzo dell’immagine per un fotografo è l’unica risorsa che conosce e che può utilizzare per creare empatia, condivisione e collaborazione su questo tema che non può più essere delegato solo alle popolazioni che abitano ai margini o all’interno delle foreste e che ormai stanno sparendo.
Ricordiamoci che come ipotizzato nella teoria di Gaia, gli organismi viventi sulla Terra interagiscono tra loro e con le componenti inorganiche circostanti per formare un complesso sistema sinergico e autoregolante che aiuta a mantenere e perpetuare le condizioni per la vita sul pianeta; se un elemento si ammala tutto il sistema viene contaminato.
In questo progetto si “confondono” alcune foto di animali e persone “reali e non” con lo scopo di proporre una visione del passato, presente e futuro, lasciando allo spettatore il compito di interpretare il significato dell’immagine.
Inoltre sono presenti delle immagini che ritraggono ricercatori, studenti e volontari che lavorano all’interno di un vivaio, il Maajiigin Gumig Greenhouse, il cui scopo consiste nel reinserire in natura diverse specie di piante native e medicinali. Ricreare il sottobosco significa anche offrire un ambiente sano per la crescita della fauna e delle specie che fungono storicamente da sostentamento per la comunità.
Questo sforzo rappresenta però solo una piccola goccia rispetto alle problematiche ambientali e sociali da risolvere in quanto diversi studi scientifici dimostrano che le risorse idriche, il suolo e anche l’aria risultano fortemente inquinati.
Ringrazio per la disponibilità e l’estrema cortesia tutta la comunità Aamjiwnaang e tutta la mia famiglia canadese di Sarnia».
Frasca Laura
Laura Frasca
Ontario, Canada
«E’ da molti anni che inseguo il desiderio di realizzare un grande progetto dedicato alle foreste, correndo contro il tempo e la bramosia dell’uomo. Mi piacerebbe documentare ciò che resta dei “grandi polmoni verdi”, ma soprattutto vorrei che le mie foto servissero a infondere una vera presa di coscienza e alla sensibilizzazione dell’uomo in generale. Ci sono altri miei colleghi che lo hanno fatto e lo stanno ancora facendo ma non è mai abbastanza visto che fauna e flora continuano a sparire in rapida ed inesorabile successione.
Il mezzo dell’immagine per un fotografo è l’unica risorsa che conosce e che può utilizzare per creare empatia, condivisione e collaborazione su questo tema che non può più essere delegato solo alle popolazioni che abitano ai margini o all’interno delle foreste e che ormai stanno sparendo.
Ricordiamoci che come ipotizzato nella teoria di Gaia, gli organismi viventi sulla Terra interagiscono tra loro e con le componenti inorganiche circostanti per formare un complesso sistema sinergico e autoregolante che aiuta a mantenere e perpetuare le condizioni per la vita sul pianeta; se un elemento si ammala tutto il sistema viene contaminato.
In questo progetto si “confondono” alcune foto di animali e persone “reali e non” con lo scopo di proporre una visione del passato, presente e futuro, lasciando allo spettatore il compito di interpretare il significato dell’immagine.
Inoltre sono presenti delle immagini che ritraggono ricercatori, studenti e volontari che lavorano all’interno di un vivaio, il Maajiigin Gumig Greenhouse, il cui scopo consiste nel reinserire in natura diverse specie di piante native e medicinali. Ricreare il sottobosco significa anche offrire un ambiente sano per la crescita della fauna e delle specie che fungono storicamente da sostentamento per la comunità.
Questo sforzo rappresenta però solo una piccola goccia rispetto alle problematiche ambientali e sociali da risolvere in quanto diversi studi scientifici dimostrano che le risorse idriche, il suolo e anche l’aria risultano fortemente inquinati.
Ringrazio per la disponibilità e l’estrema cortesia tutta la comunità Aamjiwnaang e tutta la mia famiglia canadese di Sarnia».
Frasca Laura
Il termine “First Nation” viene ufficialmente utilizzato dal governo a partire dagli anni '80 per sostituire il termine "Indian band" in riferimento ad un gruppo che condivide lo stesso governo e lingua. Gli Aamjiwnaang, precedentemente noti come i Chippewas di Sarnia, sono una parte della Chippewa (o Ojibwe) Nation che include circa 100.000 membri, presenti per la maggior parte nel bacino dei Grandi Laghi (Michigan, Wisconsin, Minnesota, North Dakota, and Ontario). La Aamjiwnaang First Nation Reserve si trova nella parte sud della città di Sarnia nello stato di Ontario.
Nel 1858 la scoperta di ricchi giacimenti di petrolio nella vicina Oil Springs, assieme al porto naturale e ai depositi salini presenti nel substrato, ha innescato una massiccia e drammatica crescita industriale fino ad arrivare a rappresentare il 40% dell’industria chimica di tutto il Canada. Ad oggi si possono contare oltre 60 tra industrie e raffinerie presenti tra le due sponde del fiume che danno origine al complesso noto come “Chemical Valley”. Oltre ai numerosi impianti di raffinazione si affiancano centri di produzione chimica e petrolchimica che generano inquinanti di varia natura come Voc, mercurio, diossine e furani, interferenti endocrini, gas serra, determinando così una delle zone più intensamente inquinate del Canada.
Purtroppo la riserva si trova esattamente a ridosso del complesso industriale e il 60% delle emissioni inquinanti sono rilasciate all’interno dei suoi primi 5 km. Queste sostanze chimiche e gli incidenti correlati hanno un impatto enorme sulla qualità della vita e sulle attività tradizionali come la caccia, la pesca, la raccolta di medicinali e le attività cerimoniali.
Nel 1858 la scoperta di ricchi giacimenti di petrolio nella vicina Oil Springs, assieme al porto naturale e ai depositi salini presenti nel substrato, ha innescato una massiccia e drammatica crescita industriale fino ad arrivare a rappresentare il 40% dell’industria chimica di tutto il Canada. Ad oggi si possono contare oltre 60 tra industrie e raffinerie presenti tra le due sponde del fiume che danno origine al complesso noto come “Chemical Valley”. Oltre ai numerosi impianti di raffinazione si affiancano centri di produzione chimica e petrolchimica che generano inquinanti di varia natura come Voc, mercurio, diossine e furani, interferenti endocrini, gas serra, determinando così una delle zone più intensamente inquinate del Canada.
Purtroppo la riserva si trova esattamente a ridosso del complesso industriale e il 60% delle emissioni inquinanti sono rilasciate all’interno dei suoi primi 5 km. Queste sostanze chimiche e gli incidenti correlati hanno un impatto enorme sulla qualità della vita e sulle attività tradizionali come la caccia, la pesca, la raccolta di medicinali e le attività cerimoniali.
Gli impatti sulla salute includono asma, difficoltà di apprendimento e problemi comportamentali, effetti sulla vita riproduttiva (alterazione della sex ratio, aborto e parto prematuro), mal di testa gravi e cronici, rash cutanei (compresi eczemi e psoriasi che colpiscono particolarmente i bambini), problemi alla tiroide e al fegato, formazione di tumori. Un recente studio evidenzia alti livelli di ospedalizzazione per paralisi cerebrale in diverse comunità dei Grandi Laghi, una delle quali è Sarnia. Ciò potrebbe essere correlato all’esposizione al metilmercurio in seguito al consumo di pesce contaminato. Inoltre a Sarnia si registra uno dei più alti livelli di casi al mondo di patologie correlate all’esposizione all’asbesto, come mesotelioma e asbestosi.
Ma l'impatto più comunemente riportato è la paura. Le persone della riserva vivono costantemente in allerta e temono la vita all'aria aperta, continuamente angosciati dalle sirene che risuonano per l’allarme di fuoriuscite di gas nocivi e di sversamenti tossici (https://www.youtube.com/watch?v=8Tc6oXNcjxc). È difficile pensare ad un miglioramento della situazione visto che il numero di industrie e raffinerie è in continuo aumento ma le presone che vivono nella riserva non vogliono abbandonare la terra dei loro avi, mettendo a rischio la loro stessa sopravvivenza. Savelli Francesco |
Neglected Roots
di Laura Frasca
Kalimantan, Indonesia
Il tema affrontato in questo progetto è la scomparsa, sempre più rapida, della foresta del Borneo. Questo importante evento purtroppo sta passando in sordina, chiudendo gli occhi davanti a questo scempio stiamo negando le nostre stesse “radici” che ci danno sostentamento ed ossigeno. Cosa comporta nell’immediato la scomparsa della foresta?
In primis l’estinzione di flora e fauna endemici. I grandi primati, gli oranghi (Pongo) e le nasica (Nasalis larvatus) sono i primi ad esserne colpiti, per non parlare delle conseguenze sull’intero ecosistema.
I Dayak, conosciuti in occidente come i “tagliatori di teste”, deputati da sempre al compito di proteggere la foresta, si stanno sempre più omologando alla globalizzazione ed arrendendosi alla furia cieca delle multinazionali e quindi irrimediabilmente alla perdita della foresta. Diversi gli scopi di questo progetto, uno è quello d’aiutare il Tanjung Puting National Park ad essere conosciuto e supportato. Un parco protetto che per volere di Birutè Galdikas, famosa primatologa, protegge gli oranghi dall’estinzione, attraverso la Orangutan Foundation. Inoltre con questo racconto in immagini, si vorrebbe soprattutto sensibilizzare il pubblico sul tema della deforestazione.
Laura Frasca
di Laura Frasca
Kalimantan, Indonesia
Il tema affrontato in questo progetto è la scomparsa, sempre più rapida, della foresta del Borneo. Questo importante evento purtroppo sta passando in sordina, chiudendo gli occhi davanti a questo scempio stiamo negando le nostre stesse “radici” che ci danno sostentamento ed ossigeno. Cosa comporta nell’immediato la scomparsa della foresta?
In primis l’estinzione di flora e fauna endemici. I grandi primati, gli oranghi (Pongo) e le nasica (Nasalis larvatus) sono i primi ad esserne colpiti, per non parlare delle conseguenze sull’intero ecosistema.
I Dayak, conosciuti in occidente come i “tagliatori di teste”, deputati da sempre al compito di proteggere la foresta, si stanno sempre più omologando alla globalizzazione ed arrendendosi alla furia cieca delle multinazionali e quindi irrimediabilmente alla perdita della foresta. Diversi gli scopi di questo progetto, uno è quello d’aiutare il Tanjung Puting National Park ad essere conosciuto e supportato. Un parco protetto che per volere di Birutè Galdikas, famosa primatologa, protegge gli oranghi dall’estinzione, attraverso la Orangutan Foundation. Inoltre con questo racconto in immagini, si vorrebbe soprattutto sensibilizzare il pubblico sul tema della deforestazione.
Laura Frasca
Laura Frasca
Fotografa, insegnante, Art-Manager e curatrice. Fonda nel 2021 Green Whale Space, uno spazio dedicato a corsi, mostre, presentazioni e tutto ciò che riguarda fotografia e natura. Insegna fotografia in diversi istituti privati e non. Laureata in Scienze Politiche indirizzo internazionale, frequenta il terzo anno del DAMS. Lingue: inglese, spagnolo, portoghese (sta studiando il francese) |